LUI - Sguardi (capitolo 4)
Sguardi.
Tutto prosegue con una dannata monotonia, che trascende l'inverosimile.
Le mie giornate oramai hanno assunto una sola colorazione, grigia.
La ricchezza fin'ora accumulata, non è in grado di cambiare il colore alle mie giornate. Tra un investimento azionario e l'altro, continuo ad accrescere il mio portafoglio, proporzionalmente ad un malessere interiore che non sono in grado di gestire. Non più!
Di città in città, cambiando alberghi come se fossero calzini, non ho più una fissa dimora. Costretto a girovagare il paese, come uno zingaro, sono costretto a continui spostamenti per onorare il mio giuramento.
Tutto questo mi ha trasformato dentro. L'empatia ormai completamente scomparsa, ha lasciato il posto ad un cinismo severo e non più forzato che mi spinge a trattare quello che faccio, le persone che devo incontrare, che devo sacrificare, come se fossero operazioni bancarie. Numeri, freddi ed impersonali.
La mia ricchezza ormai non riesce nemmeno più a sopperire quel vuoto che a malapena sento nel cuore. Come un automa che esegue degli ordini, elaboro ed organizzo le mie giornate in attesa della chiamata.
Aspettando il momento per mettermi in azione, per offrire un nuovo sacrificio.
Tutto si ripete, di volta in volta, come un copione già scritto, e come un bravo soldato eseguo gli ordini senza sbagliare mai.
Mi sto spegnendo, me ne accorgo.
Non ho la forza per oppormi e ormai in balia del destino che ho scelto, accetto rassegnato il mio futuro.
Continuo a spendere un mucchio di soldi, cercando quel divertimento forzato, ma che non riesce però a colmare quel vuoto che invece aumenta.
Non ho via d'uscita.
Riesco però, ancora, con quel piccolo pezzo rimasto dell'anima, profondo e che ancora cerca di sopravvivere, a maledire quella maledetta casa, quel bosco, quel libro.
Finito il mio compito, normalmente riparto subito. Devo tornare nel bosco, devo ricongiungermi al libro, devo venerare Lui. Lo pretende, e come in una sorta di rito infernale, ritorno sempre in quella casa per offrire un pezzo in più della mia anima ormai logora ed esausta.
Ma non oggi. Decido che voglio rimanere in questo paese, ancora un po'. Qualche ora di distrazione per cercare, non so nemmeno io cosa.
Sono in albergo, in camera, oltre l'orario concesso prima di lasciare la stanza.
Sento la porta aprirsi all'improvviso.
Incrocio uno sguardo, per un brevissimo istante. Due occhi mi fissano. Mi scaldano il cuore per una frazione di secondo, ma che a me sono sembrati eterni. Non avevo più provato questa sensazione da ormai troppo tempo.
Non doveva succedere, Lui non l'avrebbe permesso. Cos'è successo? Com'è stato possibile?
Una gentile e flebile voce si scusa con me. Un'affaticata ma graziosa inserviente, con la testa chinata mi comunica che credeva che la stanza fosse ormai libera ed era lì per riordinare la camera.
Costernata esce, si chiude dietro la porta.
Rimango in silenzio. Non so cosa pensare. Ascolto quel silenzio che sembra volermi parlare, ma non riesco a capirlo, il freddo si riappropria di me.
Chiudo la mia piccola valigia ed esco da quella ennesima stanza.
Decido di andare a mangiare qualcosa. Non dovrei. Meno mi vedono in giro meglio è. Meno telecamere mi filmano e meno prove della mia presenza in quel posto rimangono impresse in un possibile caso giudiziario...
Me ne infischio e decido, contro ogni protocollo impostomi, di fare una lunga camminata prima del pranzo.
Giro senza una meta, senza pensare a qualcosa di preciso, ma con il solo intento di camminare.
Ancora non riesco a spiegarmi come sia potuto accadere. Ormai vittima di un Lui inesorabile ed intransigente, non facevo più nulla che potesse uscire da schemi già fissati.
Arrivo davanti ad una piccola osteria, e ormai affamato decido di entrare, cucina del posto, conduzione familiare, atmosfera accogliente.
Mi siedo, apro il menù e senza nemmeno guardare i prezzi (non lo facevo più da ormai molto tempo!) scelgo il piatto del giorno e attendo che qualcuno venga a prendere la mia ordinazione.
Nell'attesa tiro fuori dal mio zainetto, il portatile dal quale non mi separavo mai, lo accendo e cerco la borsa azionaria. I miei titoli e i miei investimenti erano al massimo. Come sempre. Apro la cartella che ho rinominato "Privato" e comincio a scorrere i file. Ricordi e descrizioni di ciò che ho fatto. Nei dettagli. Rischioso, ma mi aiutava, come una sorta di diario personale, a mantenere vivo quel lato di me che ancora cercava di resistere a Lui.
Sento una presenza vicino a me, che mi chiede cosa volessi mangiare.
La voce mi sembrava familiare, ma senza nemmeno alzare lo sguardo dal pc, comunico la mia scelta e continuo a leggere sul computer.
Alla prima portata, chiudo il portatile, alzo lo sguardo e incrocio ancora quello sguardo che qualche ora prima mi aveva così tanto scosso...
Tutto prosegue con una dannata monotonia, che trascende l'inverosimile.
Le mie giornate oramai hanno assunto una sola colorazione, grigia.
La ricchezza fin'ora accumulata, non è in grado di cambiare il colore alle mie giornate. Tra un investimento azionario e l'altro, continuo ad accrescere il mio portafoglio, proporzionalmente ad un malessere interiore che non sono in grado di gestire. Non più!
Di città in città, cambiando alberghi come se fossero calzini, non ho più una fissa dimora. Costretto a girovagare il paese, come uno zingaro, sono costretto a continui spostamenti per onorare il mio giuramento.
Tutto questo mi ha trasformato dentro. L'empatia ormai completamente scomparsa, ha lasciato il posto ad un cinismo severo e non più forzato che mi spinge a trattare quello che faccio, le persone che devo incontrare, che devo sacrificare, come se fossero operazioni bancarie. Numeri, freddi ed impersonali.
La mia ricchezza ormai non riesce nemmeno più a sopperire quel vuoto che a malapena sento nel cuore. Come un automa che esegue degli ordini, elaboro ed organizzo le mie giornate in attesa della chiamata.
Aspettando il momento per mettermi in azione, per offrire un nuovo sacrificio.
Tutto si ripete, di volta in volta, come un copione già scritto, e come un bravo soldato eseguo gli ordini senza sbagliare mai.
Mi sto spegnendo, me ne accorgo.
Non ho la forza per oppormi e ormai in balia del destino che ho scelto, accetto rassegnato il mio futuro.
Continuo a spendere un mucchio di soldi, cercando quel divertimento forzato, ma che non riesce però a colmare quel vuoto che invece aumenta.
Non ho via d'uscita.
Riesco però, ancora, con quel piccolo pezzo rimasto dell'anima, profondo e che ancora cerca di sopravvivere, a maledire quella maledetta casa, quel bosco, quel libro.
Finito il mio compito, normalmente riparto subito. Devo tornare nel bosco, devo ricongiungermi al libro, devo venerare Lui. Lo pretende, e come in una sorta di rito infernale, ritorno sempre in quella casa per offrire un pezzo in più della mia anima ormai logora ed esausta.
Ma non oggi. Decido che voglio rimanere in questo paese, ancora un po'. Qualche ora di distrazione per cercare, non so nemmeno io cosa.
Sono in albergo, in camera, oltre l'orario concesso prima di lasciare la stanza.
Sento la porta aprirsi all'improvviso.
Incrocio uno sguardo, per un brevissimo istante. Due occhi mi fissano. Mi scaldano il cuore per una frazione di secondo, ma che a me sono sembrati eterni. Non avevo più provato questa sensazione da ormai troppo tempo.
Non doveva succedere, Lui non l'avrebbe permesso. Cos'è successo? Com'è stato possibile?
Una gentile e flebile voce si scusa con me. Un'affaticata ma graziosa inserviente, con la testa chinata mi comunica che credeva che la stanza fosse ormai libera ed era lì per riordinare la camera.
Costernata esce, si chiude dietro la porta.
Rimango in silenzio. Non so cosa pensare. Ascolto quel silenzio che sembra volermi parlare, ma non riesco a capirlo, il freddo si riappropria di me.
Chiudo la mia piccola valigia ed esco da quella ennesima stanza.
Decido di andare a mangiare qualcosa. Non dovrei. Meno mi vedono in giro meglio è. Meno telecamere mi filmano e meno prove della mia presenza in quel posto rimangono impresse in un possibile caso giudiziario...
Me ne infischio e decido, contro ogni protocollo impostomi, di fare una lunga camminata prima del pranzo.
Giro senza una meta, senza pensare a qualcosa di preciso, ma con il solo intento di camminare.
Ancora non riesco a spiegarmi come sia potuto accadere. Ormai vittima di un Lui inesorabile ed intransigente, non facevo più nulla che potesse uscire da schemi già fissati.
Arrivo davanti ad una piccola osteria, e ormai affamato decido di entrare, cucina del posto, conduzione familiare, atmosfera accogliente.
Mi siedo, apro il menù e senza nemmeno guardare i prezzi (non lo facevo più da ormai molto tempo!) scelgo il piatto del giorno e attendo che qualcuno venga a prendere la mia ordinazione.
Nell'attesa tiro fuori dal mio zainetto, il portatile dal quale non mi separavo mai, lo accendo e cerco la borsa azionaria. I miei titoli e i miei investimenti erano al massimo. Come sempre. Apro la cartella che ho rinominato "Privato" e comincio a scorrere i file. Ricordi e descrizioni di ciò che ho fatto. Nei dettagli. Rischioso, ma mi aiutava, come una sorta di diario personale, a mantenere vivo quel lato di me che ancora cercava di resistere a Lui.
Sento una presenza vicino a me, che mi chiede cosa volessi mangiare.
La voce mi sembrava familiare, ma senza nemmeno alzare lo sguardo dal pc, comunico la mia scelta e continuo a leggere sul computer.
Alla prima portata, chiudo il portatile, alzo lo sguardo e incrocio ancora quello sguardo che qualche ora prima mi aveva così tanto scosso...
[Christian B.]
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