Diario di un sopravvissuto #4



Il Viaggio.


Il Monte.    

 Ho sentito una voce. Ho appena sentito il primo segnale di speranza. Credo di aver capito il suo nome . Lisa, mi sembra. Mi ero appena avvicinato ad un'auto della polizia, abbandonata, quando ad un tratto ho sentito qualcosa. Confusa, debole, ingarbugliata ma l'ho sentita, un filo di voce dalla incontenibile forza. Mi ha chiamato attraverso il finestrino ancora chiuso. Gli ho risposto, alla radio, non so se mi ha sentito, spero di si. Non ho ricevuto conferma. Non sono più maledettamente solo. Finalmente! Per un attimo ho creduto di essere preda di una pazzia che oramai dominandomi approfittava di una rassegnazione che credevo indelebile. Invece no. Era vera, lo è! E' come rinascere. Erano mesi che non sentivo nessuno. Sto viaggiando da tanto tempo ormai senza una direzione precisa. Verso sud. Solo una sensazione, dopo aver letto l'ennesimo diario di un sopravvissuto. Gli ho raccolti tutti, quelli che ho avuto la fortuna di trovare un po' ovunque, case abbandonate, ospedali, piazze, alcuni strappati, altri ancora aperti con la penna vicino. Come incontri quasi reali con persone che però so non esistere più. Pagine che hanno lasciato il ricordo di una vita cancellata, anime svuotate da un'entità che sembra abbia voluto spazzare via ciò che non andava più bene. Come una sorta di diluvio universale ma in una versione infernale. Estirpando via ogni individuo, senza distinzione tra buoni o cattivi. Per resettare un qualcosa che non funzionava più. Li porto con me, vicino, sono dentro alle borse del mio custom. Non ho voluto abbandonarli, di nuovo. Sono come una compagnia che non ho più, una silenziosa voce invisibile che in qualche maniera riesce tenermi caldo il cuore e viva la mente. Come degli amici inventati, ma chensono diventati come persone reali. Ho letto di un luogo, in montagna, molto distante e straordinariamente lontano da ombre e dalla malefica nebbia. Lontano da rumori che preannunciano una morte quasi certa. Ho fatto una ricerca, in una biblioteca di un paese di cui non ricordo il nome. Ho attraversato decine di posti, di luoghi dannatamente desolati.Troppi paesi vuoti. Dalla descrizione credo di aver capito dove si trova. Ho avuto conferma del nome che ho letto nell'ultima pagina di quel diario, era scritto male, veloce, quasi indecifrabile, come se fosse stato appuntato con estrema urgenza in un momento durato pochi istanti. Era l'ultima frase, come un ultimo respiro. Shasta, il Monte Shasta sembra la destinazione giusta per la salvezza, oltre i quattromila metri di altezza. A sud di questo desolato paese. Ci sto andando, col mio custom, l'unico fedele alleato in un'avventura che mi ha sconvolto la vita. Strade infinite e nascoste da una nebbia che sembra volermi intrappolare in un percorso che non vuole rivelarmi la destinazione. Strade ostruite da giganteschi incidenti causati da una infernale fitta foschia sopraggiunta veloce e vigliacca. Acquedotti crollati, ponti impraticabili ricolmi di auto che non sapevano dove andare.
Riesco a passare, sulla mia due ruote ho pochi problemi a scartare gli ingorghi che altrimenti mi impedirebbero di proseguire. Sono lento ma avanzo, ogni giorno un pochino, sempre più vicino, una speranza che mi auguro diventi realtà. L'unica alternativa che ora conosco. Procedo. Non scrivo più racconti dell'orrore in nessuna dannata rivista del mistero. Non esiste più niente. Ora sto continuando a vivere in prima persona una storia che nemmeno io avrei voluto e potuto immaginare così drammaticamente reale...

Il viaggio.

Nonostante avessi deciso di non andare. Ora sono qua, con loro, con i miei amici, una famiglia che non ho voluto riperdere. Stiamo andando a sud, cercando di inseguire una speranza che ci tiene in vita. Non so se falsa o se verrà delusa, ma ci serve per continuare. Il furgone è pieno stracolmo di ogni cosa. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro e hanno preso un mezzo sicuro ed efficace.
Dietro abbiamo agganciato una roulotte per riuscire a dormire la notte. Sembra una vecchia, ma allo stesso tempo moderna, carovana del west e noi i nuovi coloni alla ricerca di un luogo che però non sappiamo se esiste.
La voce sentita da Lisa ci ha regalato una nuova forza, che non sapevamo di avere. Ho deciso di rivelare il nome di quel divino luogo insegnatomi da mio padre l'attimo prima di morire. La sua eredità spero ci salvi la vita. Non procediamo veloci, anzi a volte siamo costretti a fermarci per colpa della scarsissima visibilità. È come se la nebbia volesse impedirci di proseguire. Se non altro, da quando siamo in movimento non abbiamo più sentito quel maledetto 'scch...slok' ne tanto meno visto quelle mortali nerissime ombre.
Il viaggio è difficile e faticoso, dobbiamo fare lo slalom tra centinaia di auto abbandonate in mezzo alla strada, spesso dobbiamo scendere per spostarle dalla nostra direzione, abbiamo anche più volte forato. Troppi i frammenti per terra, sulla strada, schegge impazzite e ovunque create dagli enormi incidenti. Cercare di cambiare una ruota in un contesto come quello che stiamo vivendo è tutt'altro che semplice. Per non parlare poi di quando siamo costretti a fare il pieno alla nostra 'arca della salvezza'.
Orecchie più che aperte e occhi sgranati, pronti a scappare all'interno del furgone al primo segnale di qualcosa di strano. Siamo tutti paranoici ed istericamente ansiosi. Sentiamo rumori anche quando non ci sono, anche quando siamo noi stessi a produrli. Abbiamo paura della nostra stessa ombra! Assurdo vero? Il più paranoico è senza dubbio Thomas e nonostante il suo passato da militare, la scomparsa di Larry sembra averlo segnato profondamente, trasformandolo in una molla pronta a scattare al più inutile ed insignificante segnale che ormai riesce a vedere ovunque. Si sente in colpa, crede di non aver fatto abbastanza per lui, per salvarlo e non vuole ripetere lo stesso errore con noi. È fin troppo protettivo. E' diventato la nostra guardia del corpo. Erick è perfetto. Come sempre, un vero capo. Attento ai particolari e protettivo quel tanto che basta da non farci sentire dei bambini o peggio ancora degli stupidi incapaci. Siamo vicini ormai, abbiamo percoso molta strada, dobbiamo esserlo. Siamo dannatamente stanchi. Questa nebbia ci sfianca, fatichiamo a vedere la strada, i cartelli, e a mantenere la giusta direzione. Strade dannatamente intricate da numerosi incidenti, siamo spesso costretti a cercare direzioni alternative e a volte ci allontaniamo dalla sperata e ormai incredibilmente desiderata meta. Con noi dentro al camper, a farci compagnia, i soliti diari che come in un sacro rito che non vogliamo abbandonare, continuiamo a leggere, ogni notte quando ci fermiamo per riposare. Cerchiamo tra le righe dei pensieri trascritti di coloro che hanno voluto lasciarci una testimonianza, tracce di un qualsiasi indizio che ci dia un'ulteriore speranza. Vogliamo una conferma, ulteriore, più forte e più vera per un qualcosa che forse temiamo essere solo un dannato sogno. Abbiamo paura che si trasformi in un incubo, sommandosi così ad una realtà che non lascia più spazio ad un futuro normale. Occupo le mie giornate alla preparazione del pranzo e della cena. Mi serve per distrarmi e per tenere occupata la mente, in qualcosa di utile al gruppo. In realtà non faccio altro che aprire scatolette e versarle nei piatti, ma è sempre meglio che niente. Il bombolone del gas l'abbiamo finito ormai da un paio di settimane e non siamo ancora riusciti a trovarne un altro. Quindi niente cibo cotto. La strettissima convivenza si è rivelata più gradevole di quanto pensassi, come se il fatto di sapere di essere gli ultimi rimasti, ci stringesse in un'amicizia che va oltre alla normale conoscenza e condivisione di semplici pensieri o banali battute, stringendoci in una sorta di celebrale unione, come un patto di sangue che ci rende una persona unica, con le stesse esigenze, le stesse paure e le stesse speranze. Una speranza comune. Una sola, ricominciare a vivere.

Una sensazione.

Chi l'avrebbe mai detto. Da semplice commessa di un piccolo market ad una improbabile 'Lara Croft' di un gioco che non ho voluto scegliere. Sono ancora viva, scampata per ora alle micidiali ombre. Pronta a reagire agli inquietanti improvvisi rumori che mi preannunciano una morte quasi certa. Come se volessero obbligarmi a proseguire, come se stessero indirizzandomi verso un luogo che non so dove possa essere. Che non conosco. Ho 'preso in prestito' una macchina in un paese di cui non ricordo il nome, una a caso, non credo che qualcuno ne denunci il furto. Ho percorso parecchi chilometri, verso sud, dove mi hanno spinto le ombre. La solitudine mi sta logorando l'anima, non so per quanto tempo riuscirò a resistere, ma devo avanzare, ho una sensazione che voglio ascoltare. Ho recuperato una radio, una di quelle che si legano alla cinta anche i poliziotti. Anche questa l'ho 'presa in prestito' in un negozio di un altro paese fantasma, l'ennesimo. Cerco quotidianamente un segnale, una voce che mi permetta di non impazzire in un silenzio che uccide...

Sono al settimo cielo. Non sto più nella pelle. Sono contenta, euforica, come non accadeva da tempo. Come una bambina che apre un pacco e dentro ci trova un gioco tanto sognato. Finalmente quella sensazione di speranza che non mi ha voluto abbandonare mi ha finalmente dato il tanto atteso segnale. Oggi ho incredibilmente sentito qualcosa, ho intercettato una sorta di comunicazione, un messaggio. Una voce femminile sentita a malapena, carpita nel gracchiante disturbo che la radio produce quando non riceve una frequenza pulita. Non si capiva molto, ma la ragazza lo ha ripetuto più volte. Una certa Lisa, sembrava che stesse indicando un luogo, una destinazione dove incontrarsi, un luogo sicuro, da raggiungere ad ogni costo.
Il Monte Shasta. A sud del paese. E' la che le ombre mi stanno spingendo, è la che vogliono che vada, costringendomi in una mortale e involontaria marcia forzata.
Perché? Allora è così?! Un luogo sicuro esiste? Un luogo dove ricominciare tutto, che ci accoglierà spogliati da ogni cosa, da pregiudizi, dalla cattiveria, dalle invidie, da ogni sentimento che ha dato vita ad un qualcosa che ha voluto forzatamente cancellarci, risucchiando in un nulla ogni residuo di una miriade di vite e di anime che non sapevano più apprezzare il vero significato dell'esistenza stessa, che ha lasciato una sola ed unica speranza... Vivere.
Sto euforicamente delirando. Voglio crederlo e voglio sperare che sia così. Voglio convincermi di essere una tra i, spero tanti, prescelti, in un disegno che non potrò né capire né condividere. E' l'unica spiegazione che posso e voglio darmi. Ma perché io? Difficile da capire, visto che pochi giorni fa stavo per perdere la mia quotidiana battaglia per la sopravvivenza. C'è mancato poco infatti che quel maledetto nulla riuscisse a toccarmi, risucchiandomi nel suo apparire improvviso, tentando di cancellarmi del tutto. In un attimo. Quasi... Già! Quasi! Ma ce l'ho fatta. Per mia abilità o per un disegno già prestabilito? Per spingermi oltre o per pura fortuna? Non riesco a rispondermi, mi sforzo ma riesco solo a farmi venire un tremendo mal di testa. Proseguo il mio viaggio, più consapevole e più forte di prima.

Monte Shasta sto arrivando...


(Continua...)



[Christian B.]

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