Sotto Terra #11
Non saprei dire quanto tempo passò, ma di certo non furono pochi minuti.
Il gruppo venne a cercarci, preoccupato dalla nostra assenza, prolungatasi evidentemente così a lungo che lo spinse oltre a quella paura che poco prima lo bloccava in un mascherato eccesso di prudenza.
E in una corale incredulità rimasero tutti, come noi pochi istanti prima di loro, impietriti davanti a quello che sotto i nostri occhi ci si presentava.
Oltre quel portellone c'era qualcosa che andava al di là di una normale comprensione di una mente razionale e che provasse, anche solo minimamente, a concepire e a darsi una semplice e logica spiegazione.
Al di là di quel grande e blindatissimo portello c'era un'altro enorme stanzone. Una sorta di gigantesco magazzino sotterraneo. Incredibilmente lungo, largo e profondo.
Una sequenza di gigantesche vasche, che come acquari, piene di un liquido giallognolo e melmoso, contenevano qualcosa di talmente incomprensibile ai nostri occhi, che ci tolsero ogni volontà di respirare naturalmente, creandoci un affanno che si accompagnava al battito di un cuore ormai completamente impazzito.
Tutte simmetricamente allineate, collegate attraverso cavi elettrici e respiratori che dall'interno di quei grandi vasconi, uscivano per connettersi in un unico macchinario.
Sembrava che tenesse in vita qualcosa che galleggiava all'interno e che si muoveva in una sorta di riflesso incondizionato, in movimenti ciclici ed inconsulti, rapidi e brevi.
Una sorta di gigantasca incubatrice, che collegando in serie quelle decine e decine di vasche, stava allevando qualcosa di diabolicamente mostruoso.
Scendemmo la ripida e lunga scala che ci accompagnò al livello di quelle enigmatiche vasche, e da vicino cominciammo a studiarne, curiosi ma con timore, il contenuto.
Quelle cose all'interno, sembravano che percepissero la nostra presenza.
I loro movimenti infatti cominciarono ad essere più frequenti, ad un ritmo inconsulto che aumentava proporzionalmente alla nostra vicinanza.
Non potevamo che esserne attratti, nonostante la mostruosità di quello che stavamo guardando, la curiosità e la necessità di capire superava una paura che passo passo andava a sopirsi, sostituendosi ad una necessità quasi involontaria di conoscere la verità.
Ormai era sempre più chiaro, quello che si stava palesando davanti a noi, era infatti incontrovertibilmente il più grande esperimento su cavie umane, che fosse mai stato eseguito in tutti i tempi.
In fondo al magazzino c'era un enorme schedario posizionato su una grande scaffalatura metallica.
Ogni cartone impilato con cura su ogni scaffale, aveva una suddivisione effettuata con un ordine alfabetico.
Lisa ne prese uno a caso, alla lettera "t". Decine di cartelline contenente delle schede che riportavano i nomi di uomini e donne, che stavano subendo un "particolare" trattamento. Erano annotati giorno per giorno, gli sviluppi clinici di ogni paziente.
Era così che venivano descritti questi poveracci, che invece di ricevere una cura per le radiazioni subite, venivano usati per scopi molto diversi.
A noi più che pazienti, sembravano infatti involontarie vittime di una follia umana, che li stava portando alla morte, ingannandoli consapevolmente.
Una morte che si presentava sotto le sembianze di una metamorfosi indotta, in qualcosa di non umano e tremendamente diabolico.
Queste creature erano state create, per qualche strano e a noi sconosciuto motivo.
La voglia di capire e trovare una risposta era diventato di fondamentale importanza.
Liz ipotizzò che si trattasse quasi di una sorta di esercito creato per soddisfare scopi che però non riuscivamo ancora a capire.
Ma qualcosa forse era andato storto, visto le condizioni in cui avevamo trovato il laboratorio, qualcosa era sfuggito da quelle mani che ci avevano ridotti così, in un'esistenza post nucleare e ora accerchiati da creature che non vedevano l'ora di cibarsi di noi.
Ma perchè? Era la principale domanda che non trovava risposta.
Improvvisamente dalle vasche cominciò ad arrivare uno strano rumore, una potente vibrazione che faceva ribollire quel liquido.
La luce all'interno di quelle vasche cominciò a lampeggiare, in un'intermittenza che sembrava quasi un allarme, e che si accompagnava ad un graduale calo della quantità di liquido che copriva, ancora per poco, quelle maledette creature.
Quell'acqua di colore giallo sporco, stava calando, inesorabilmente in un costante dileguarsi che stava scoprendo completamente quei mostri.
Le vasche erano ormai completamente vuote, e quello strano rumore cessò.
Un silenzio irreale invase quel luogo ed improvvisamente ci sentimmo come se fossimo osservati.
Le luci di tutte le vasche si erano spente, trasformandole in misteriosi ed enormi cilindri parzialmente vuoti, dai quali si intravedeva appena il contenuto, confuso da un gioco di ombre, che rendeva la nostra vista incapace di capire cosa stesse realmente accadendo.
Centinaia di occhi, completamente attaccati a qui vetri che li contenevano, erano aperti, e quasi all'unisono ci stavano fissando.
Completamente immobili, appoggiate sul fondo di quelle vasche, quelle mostruosità ci stavano fissando, gli occhi si muovevano verso di noi, senza perdere nemmeno un movimento.
Quelle scavate orbite che contenevano quegli occhi così neri, che se non fosse stato per il riflesso dei led a soffitto, non avremmo potuto notare, ci stavano inseguendo accompagnati da un lento ma inesorabile movimento di un cranio che incuteva una tremenda paura.
Improvvisamente quel grande macchinario, in cui convergevano tutti quei tubi, cominciò a produrre un fragoroso rumore, come una sorta di gruppo elettrogeno di sicurezza, che si era acceso da solo.
I cavi cominciarono a produrre un sibilo sempre più forte e potente, diventando una vibrazione visibile ormai anche ad occhio nudo, che evidentemente stava trasportando una corrente elettrica che in un istante avrebbe colpito tutte quelle creature.
E fu proprio così, in un susseguirsi di scariche che ricordavano quasi le stesse prodotte da un defribillatore gigante, quelle bestialità cominciarono a muoversi in una maniera inquietante e terribilmente pericolosa.
L'unica cosa che ancora impediva loro di uscire da quei contenitori era una grossa catena che li legava all'altezza di quelli che sarebbero dovuti essere dei piedi.
Le catene erano ormai al limite della loro tenuta, strattonate con una forza che stava aumentando di minuto in minuto.
I loro corpi si agitavano come se fossero posseduti da una sorta di entità diabolica, contorcendosi così vigorosamente su se stessi, che quasi ci era impossibile crede che non si stessero spezzando.
Quasi rimbalzando come onde che si infrangono contro una grossa scogliera, impazzite e terribilmente arrabbiate, sbattevano contro quel vetro che non avrebbe resistito ancora per molto.
Ormai la situazione stava diventando drammaticamente pericolosa.
In un gesto disperato Rob trovò quell'istintiva freddezza e momentanea lucidità per cercare qualcosa con cui difendersi. Trovò in uno degli armadietti metallici che fiancheggiavano una delle pareti, un grosso fucile, col quale, in un istante, fece ciò che nessuno di noi si aspettava. Sparò verso una di quelle vasche, il colpo, che rimbombò nelle nostre increduli orecchie come se fosse stato un colpo di un cannone, spaccò il vetro.
Ancora un colpo, quasi immediato, il secondo, che colpì quella creatura dritta alla testa che esplose in un liquido rosso scuro e melmoso che ricordava quello che avevamo trovato sparso ovunque nel laboratorio di sopra.
In un brevissimo istante, un silenzio irreale, che però sembrò apparentemente eterno, creò un'immagine pietrificata, tutto sembrava dannatamente immobile, finto e irreale.
Un battito di ciglia dopo, la realtà tornò prepotentemente a prenderci a sberle, buttandoci con tutta la sua crudezza davanti ad una scena che sembrava apocalittica.
"Luc, prendi un fucile, c'è ne sono altri, la dentro." Mi urlò con quanto fiato in gola aveva Rob, sperando così di creare un'adeguata risposta a quell'attacco che stavamo per subire.
Le vasche si stavano rompendo, una dopo l'altra, in un susseguirsi di vetri sbriciolati che esplodevano per i colpi impazziti di quelle dannate bestie sempre più assetate del nostro sangue, e che ora sembravano ancora più incattivite e arrabbiate di prima.
Lo spettrale spettacolo che si manifestava in tutta la sua brutalità, davanti a noi era surreale. Queste creature ancora incatenate, sovrastavano quei palchi su cui un attimo prima c'erano quegli improbabili acquari, e come le star di uno spettacolo horror si presentavano a noi in tutta la loro agghiacciante grandezza.
Divincolandosi per strappare quel qualcosa che ancora ci stava salvando la vita, si dimenavano per raggiungerci, muovendo all'impazzata quelle grosse braccia che come mulini a vento, non volevano smettere di agitarsi verso di noi.
Le grosse catene non avrebbero resistito ancora per molto.
La situazione, ormai diventata insostenibile, ci era completamente sfuggita di mano, inermi e senza la possibilità di difenderci tentammo di fuggire da quello che poteva trasformarsi nel nostro ultimo istante di vita.
(Continua...)
[Christian B. ]
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