Sotto Terra #2


LUCE RESIDUA

(Bunker Cormorant)

Ho letto sul ‘portale’ che c’è un gruppo di sopravvissuti del Bunker Alfa che è riuscito a crearsi una sorta di generatore per la corrente, alternativo a quello normalmente in dotazione nei bunker. Voglio dirvi che siete stati grandi. La corrente che abbiamo noi qua dentro, è poco più che sufficiente a farci scrivere su questo vecchio computer e credo che se non ci daremo da fare prima o poi l’energia residua presto, molto presto finirà e saremo al buio. Non voglio pensarci, al buio qua sotto!

Stiamo continuando a scavare una galleria, verso l’alto, alla ricerca di una qualche dannata sorgente d’acqua per alimentare un sistema simile al vostro. E’ difficile ed è veramente dura. Ma ci proviamo e dobbiamo farcela assolutamente, ne va delle nostre vite.

Non siamo organizzati bene come voi ma ce la stiamo mettendo tutta. Aspettiamo vostri consigli e vostre direttive in merito, fate presto.

Non siamo in tanti, pochi sopravvissuti al naturale svolgersi della vita, i vecchi che ci hanno insegnato tutto quello che sapevano e che ci hanno tenuti in vita fino ad ora, se ne sono andati per sempre, accettando di farsi riversare fuori, per lasciarci più spazio e per non esserci di impiccio.

E’ tragico ma loro hanno preferito così. Siamo rimasti in pochi.

Abbiamo letto di probabili creature in superficie, dateci più informazioni, noi che stiamo scavando verso l’alto alla ricerca di acqua, non vorremmo poi trovarcele in casa.

Spesso sentiamo delle forti e improvvise vibrazioni, non sappiamo da dove vengano e che cosa sia a produrle, ma la nostra speranza è che finalmente si stia avvicinando a noi qualche gruppo che identificandoci in qualche maniera sta ora cercando di raggiungerci. Sarebbe la nostra salvezza. Credo e temo che sia la nostra unica speranza.

I soffitti bassi e la poca luce del nostro rifugio ci stanno facendo sprofondare in una dannatissima depressione. La tensione che respiriamo qua dentro ormai la possiamo tagliare con un coltello, ci sentiamo in una trappola che sta per schiacciarci. Non era mai successo in tutti questi anni, ma la possibile mancanza di luce, eventualità a cui nessuno dei nostri predecessori aveva mai pensato, ci sta spaventando a morte.

Questo maledetto portellone è programmato per aprirsi tra un anno, allo scadere dei centotrenta previsti, tempo in cui secondo gli esperti che costruirono questo rifugio, dovrebbe servire per poter finalmente uscire da qui, per andare all’esterno, su una superficie terrestre forse di nuovo vivibile.

Ancora un anno, non so se riusciremo a durare per così tanto tempo!

Abbiamo paura che questo nostro bunker, privo di ogni possibile via di fuga, si trasformi presto in una tomba per tutti noi, in una dannata fossa comune.

Se esaurisce la luce, finisce anche l’ossigeno.

Fate presto, non resisteremo ancora per molto…

LA CITTÁ

(Bunker Capital)

Mi rivolgo ai ragazzi del ‘Cormorant’, tenete duro stiamo arrivando. Mi chiamo Jack e sono colui che dirige il bunker da cui vi sto scrivendo. Credo che sia uno dei più grandi costruiti sotto a questo territorio, almeno stando alle cartine. Abbiamo tunnel lunghissimi costruiti e ricavati nella terra, illuminati da infinite piccole lampadine collegate tra loro da chilometrici cavi elettrici attaccati ai soffitti delle nostre scure gallerie. Siamo in tanti qua sotto e ci siamo organizzati dandoci una parvenza di una vera città. Abbiamo squadre che lavorano giorno e notte, alla costruzione di nuovi tunnel, alla ricerca di nuovi spazi e di nuovi volti come i vostri.

Vi abbiamo sentito attraverso alcuni strumenti che, in dotazione nel bunker, ci hanno permesso di riconoscervi. Le coordinate che vi identificano come ‘Cormorant’ non vi danno più lontani di un paio di km. Non siamo lontani. Abbiate fede, e soprattutto rimanete vivi ancora per almeno tre settimane, un mese al massimo.

Tenete duro, abbiamo concentrato tutte le nostre squadre verso di voi. Arriviamo.

Bunker ‘Capital’ credo che sia il nome ideato da coloro che lo costruirono, per identificarlo come una sorta di capitale, come un luogo o meglio un fulcro per la ripartenza.

Nei magazzini infatti c’erano ogni tipo di strumento necessario a scavare nuove gallerie e per illuminarne altrettante. Pezzi di ricambio per ogni cosa che funzionasse meccanicamente, qua dentro. Ci hanno fornito di ogni ben di Dio inimmaginabile. Dobbiamo solo usare ciò che più ci interessa per un qualsiasi lavoro ci venga in mente.

Abbiamo tanti piccoli magazzini quante sono le nostre stanze.

Ci siamo organizzati in tanti piccoli gruppi, per suddividere lavori e materiali, per collaborare tra noi, come a volerci riabituare ad una vita che ci è stata cancellata tanto tempo fa e che noi oggi conosciamo solo così, qua sotto. I nostri ricordi di una Terra che fu, ci sono stati tramandati da coloro che ora sono scomparsi, troppo vecchi per continuare questa avventura non voluta .

Ogni mestiere del passato è ancora ben insegnato ed è stato trascritto in numerosi manuali, che cibstanno tenendo in vita. Ci sono grotte adibite a magazzini e a veri e propri laboratori. Chiunque sia in grado di lavorare e costruire qualcosa con le proprie mani può aggregarsi a uno di questi gruppi per formare nuove squadre di lavoro.

Per non parlare degli innumerevoli orti in serra che ci permettono di mangiare e vivere qua sotto.

Abbiamo tante squadre di volontari che coltivano e curano le nostre numerose serre, ricavando ortaggi che usiamo come una sorta di moneta di scambio e che barattiamo con servizi o ore di lavoro che ci tengono tutti sempre impegnati, come tantissime formiche sempre in movimento.

Siamo in contatto con i militari, con un canale diretto. Ci hanno trovato loro e si sono auto invitati.

Li riforniamo di materiali e gli ripariamo ciò che gli si rompe. In cambio ci lasciano in pace e ci permettono di continuare la nostra umile vita.
Per ricorrere a noi, probabilmente, di sopra, non se la cavano poi così bene...

Non c’è un gran bel rapporto in realtà, li consideriamo come gli eredi di coloro che crearono questa dannata situazione e temiamo che possano contaminarci con la loro indole mai veramente cambiata.

Abbiamo un tunnel che ci permette di comunicare con l’esterno, per accogliere i militari e i loro mezzi. E’ abbastanza sicuro e protetto da contaminazioni radioattive esterne, ma ora dopo aver letto di quelle possibili creature, cominciamo ad avere paura.

Mi rivolgo di nuovo al gruppo del ‘Cormorant’,

NON scavate verso l’alto,

ripeto,

NON SCAVATE VERSO L'ALTO.

Non ne abbiamo avuto una vera e proprio conferma, ma i militari ci hanno fatto intendere, con i loro volontari silenzi, che lassù c’è davvero qualcosa e sembra che abbia già fatto alcune vittime, tra le loro file.

Quindi mi raccomando, fate attenzione…

CIBO

(Bunker Blackbird)

Mi chiamo Lisa, vi scrivo oggi per la prima volta, anche se vi leggo da tempo.

Voglio contribuire anche io, raccontandovi la nostra esperienza qua sotto.

Il nostro rifugio sembra essere stato costruito apposta per coltivare e custodire sementi. I nostri magazzini sono pieni di semi, di ogni tipo di pianta. Non riusciremmo a piantarli tutti nemmeno in mille anni. Quindi crediamo che serviranno per altro, per tutti noi una volta fuori da qua.

Le persone che vivono qua dentro sembrano contadini molto esperti e botanici che ci hanno insegnato ogni forma possibile di coltivazione in serra. Abbiamo tantissimi libri che spiegano quello che già noi stiamo facendo da molto tempo qua sotto al chiuso, ma anche e soprattutto come si può coltivare all’esterno. Si parla di cicli lunari, vento, sole e acqua. Tutte cose, a parte l’acqua, che non conosciamo, se non attraverso questi bellissimi libri.

Il nostro bunker e molto grande e riesce ad accoglierci tutti senza grossi problemi, è strutturato in maniera da lasciare molto più spazio alle nostre coltivazioni. Abbiamo luci dedicate esclusivamente alle numerose serre attrezzate a più piani, come tante scaffalature per la coltivazione. Un sistema di irrigazione studiato nei minimi particolari costruito in modo da non lasciare senz’acqua nemmeno una più piccola foglia. Riciclato, filtrato e ripompato nell’ingegnoso sistema.

I generatori di corrente sono alimentati da due piccole centrali dedicate esclusivamente alle pompe dell’acqua e alla ventilazione delle serre. Hanno piccoli nuclei all’uranio che ci forniscono energia nucleare quasi infinita. Ovviamente ne abbiamo dannatamente paura, ma è anche l’unica cosa che ha potuto tenere in vita per oltre cento anni i miei genitori, i miei nonni, i genitori dei miei nonni e cosi via fino ad oggi, in un naturale susseguirsi di almeno tre generazioni.

Certo non è un bel vivere, con un mini reattore nucleare in casa, soprattutto se pensiamo che siamo costretti qua sotto, proprio per colpa di un conflitto degenerato nel nucleare, fino alla grande esplosione, l’ultima.

Ma non possiamo farci niente, se non accettarlo e curarlo con grande attenzione. Dipendiamo da lui.

Ho letto nei vostri post della possibile esistenza di strane creature all’esterno. Mi preoccupano, e se ne avete la possibilità datemi ulteriori chiarimenti. La paura qua sotto è una brutta compagnia.

Ho letto inoltre da qualcuno di voi, che i militari sarebbero in contatto con uno dei bunker, credo che si chiami ‘Capital’. Volevo solidarizzare con voi, vi capisco certe convivenze obbligate diventano pesanti da sopportare. Tenete duro e vedrete che tutto filerà liscio.

Ma come diavolo fanno questi militari a muoversi all’esterno?

Ma non credete che potremmo farlo anche noi?

Lo so! Me lo dicono continuamente anche qua sotto. Sono una irriducibile sognatrice, ma pensate che bello sarebbe potersi incontrare e scambiarsi collaborazioni trasportandoci da un bunker all’altro. Pensate all’utilità che potrebbe avere questa opportunità.

Sognare non costa nulla…

A presto ragazzi e grazie per la compagnia che mi fate e che riuscite a trasmetterci…

FINALMENTE FUORI

(Bunker Seagull)

Manca poco più di un maledetto anno all’apertura automatica di questi dannati portelloni. Non so come abbiano fatto a sopravvivere qua sotto i nostri predecessori. Forse aggrappandosi al desiderio di continuare a vivere, nonostante la fuori si stesse scatenando l’inferno. Sono stati dei grandi, eroi che si sono adattati ad un ambiente ostile, e nonostante le notevoli dimensioni, rimane comunque sempre troppo piccolo per continuare a viverci per tutta una vita. Un’intera fottutissima vita.

E’ solo grazie a loro che noi oggi possiamo finalmente vedere realizzarsi un sogno, un desiderio che li ha tenuti in vita qua dentro, e che finalmente sembra diventare realtà. Lo hanno fatto per noi, si sono sacrificati qua sotto sperando nel nostro futuro.

E’ grazie a loro che noi oggi siamo ad un passo dal tornare in superficie. Nati e vissuti qua sotto per tutti questi anni, sarà come sbarcare su un pianeta alieno, come coloni che dovranno costruire, anzi ricostruire tutto.

Mi chiamo Jay e sono uno degli ultimi sopravvissuti di questo benedetto bunker. Siamo rimasti in venti, ma eravamo un centinaio fino a qualche anno fa. E’ incredibile come un normale raffreddore possa decimare un intero gruppo. I medicinali finiti ci sono stati fatali.

L’ansia per l’apertura dei portelloni non ci lascia vivere. Non vediamo l’ora ti sbarcare in superficie.

La luce di questi neon è l’unica illuminazione che conosciamo, l’ossigeno che respiriamo è filtrato ventiquattro ore su ventiquattro, non conosciamo il significato delle parole alba, tramonto, vento, pioggia, neve, caldo o freddo, se non attraverso le fotografie ormai ingiallite dei nostri vecchi libri, che tanto ci hanno insegnato fino ad oggi.

Una sopravvivenza che va al di là di ogni limite umano. E’ difficile per noi che ci siamo nati. Impossibile da immaginare per chi è stato costretto qua sotto, dopo una vita vissuta all’esterno, in superficie.

Ci stiamo organizzando per il futuro sbarco. Stiamo costruendo armi per difenderci da ciò che probabilmente incontreremo di sopra. Sembra infatti che ad accoglierci in superficie, ci sarà un comitato di benvenuto un po’ particolare. Creature non ancora ben definite.

Spero solo che i nemici da combattere non siano due. Queste fantomatiche creature e i militari.

Mi auguro invece che questi ultimi ci aiutino ad adattarci ad un luogo che non conosciamo.

Non posso raccontarvi per cosa fosse stato costruito il nostro rifugio o per quale tipo di attività fossimo stati addestrati, perché è da ormai troppo tempo che non riusciamo a fare altro che sopravvivere, facendo passare intere giornate in una noia e una malinconia che ci sta facendo diventare pazzi.
Da quando abbiamo riversato fuori l’ultimo corpo, non siamo più stati in grado di rialzarci, di continuare un percorso che ci era stato insegnato, utile ad arrivare vivi, qui dentro, fino ad oggi. Ricordo solo che ci occupavamo di embrioni animali. Dovevamo tenere ben efficienti e sempre alla giusta temperatura i congelatori che contenevano al loro interno questi embrioni. E’ da tanto tempo che ormai non ce ne occupiamo più. Non sappiamo in che stato siano e se il sistema stia ancora funzionando correttamente. Non ci interessa più ormai. Non ci interessa più nulla…

Ragazzi non vi nego che vi invidiamo parecchio per come siete riusciti ad organizzarvi, per voi arrivare al primo gennaio del prossimo anno sarà uno scherzo…

Vi invidiamo, ma vi vogliamo bene…

(Continua...)




[Christian B. ]

Commenti